Nell’ultmo periodo si accavallavano nella mia mente una miriade di corsi che avrei voluto fare.
Devo ancora finire la seconda laurea: mi mancano tre materie e la tesi. Quindi, ultimare gli studi era la prima valida alternativa.
Ma per il lavoro, mi servirebbe perfezionarmi in marketing digitale, quindi l’ideale sarebbe stato un bel corso il weekend. Però se studio per l’università, difficilmente posso fare altro. Avrei dovuto quindi organizzarmi in modo militaresco.
Durante la settimana, oltre al mio lavoro in azienda, dedico parte del mio tempo a scrivere, sia articoli per un giornale online che poesie. In più, dovrei riprendere in mano almeno uno dei tre romanzi che soggiaciono polverosi nel mio pc. Faccio anche lezioni di canto e vado in palestra almeno tre volte a settimana. Infine, un sabato al mese volevo tornare a organizzare i miei dibattiti di poesia.
E poi.
E poi è arrivato lui, il Coronavirus, che ha portato con sé il silenzio nelle nostre vite perchè ci ha obbligato a fermarci.
Ho imparato dal silenzo in questi giorni, che forse stavo facendo tutto e non stavo facendo niente in profondità. Mi senitvo come un prodotto frettoloso che scorre sul nastro trasportatore della cassa di un supermercato.
E ora, dal divano o dal letto, obbligata a stare in pausa da questo virus, devo fare i conti con il silenzio che mi sussurra all’orecchio una semplice domanda: “Perchè fare tutte queste cose?”
Il silenzio mi chiede di scavare, di non rimanere nella superficie della razionalità. Mi implora di non guardare da un’altra parte e di non cercare di rimanere la stessa dopo questa crisi.
E allora, al posto di fare tanti corsi e tante attività, forse è il tempo di stare attenti a cosa ci dice il silenzio, imparare il suo linguaggio; che sà di essenza e di ancestrale.
Il silenzio ci porta le risposte che già conoscevamo e ci pone nuove domande che sanno di mistero, come lo sono i sogni, nascosti dietro la fretta della nostra vita “normale”.